In generale, per eseguire separazioni HPLC è possibile sfruttare tre caratteristiche principali dei composti chimici, ossia:
In primo luogo, consideriamo la polarità e le due modalità di separazione principali che sfruttano questa caratteristica: la cromatografia in fase normale e in fase inversa.
La struttura, l’attività e le caratteristiche fisico-chimiche di una molecola sono determinate dalla disposizione degli atomi che la costituiscono e dai legami esistenti tra di essi. All’interno di una molecola, la disposizione specifica di determinati atomi, responsabile di proprietà speciali e di reazioni chimiche prevedibili, prende il nome di gruppo funzionale. Questa struttura spesso determina la polarità o apolarità della molecola. Le molecole organiche sono ordinate in classi in base al gruppo o ai gruppi funzionali principali presenti in ciascuna di esse. Utilizzando una modalità di separazione basata sulla polarità, la ritenzione cromatografica relativa di diversi tipi di molecole è in gran parte determinata dalla natura e dalla posizione di questi gruppi funzionali. Come mostrato nella Figura P, è possibile organizzare le classi di molecole in base alla loro ritenzione relativa in un intervallo o spettro di polarità cromatografica, da altamente polare a altamente apolare.
L’acqua [una piccola molecola con un momento di dipolo alto] è un composto polare. Il benzene (un idrocarburo aromatico) è un composto non polare. Molecole con polarità cromatografica simile tendono ad essere attratte l’una dall’altra; molecole con polarità diversa mostrano un’attrazione molto più debole, se presente, e possono anche respingersi a vicenda. Questa è la base delle modalità di separazione cromatografica basate sulla polarità.
Un altro tipo di approccio considera l’analogia familiare: olio (non polare) e acqua (polare) non si mescolano. A differenza del magnetismo, in base al quale i poli opposti si attraggono, nelle separazioni cromatografiche basate sulla polarità l’attrazione è maggiore tra i simili e minore tra gli opposti. Nell’ambito della cromatografia basata sulla polarità è necessario tener presente l’espressione “I simili si attraggono”.
Per progettare un sistema di separazione cromatografica (vedere la Figura Q), si crea una “competizione” tra i vari composti contenuti nel campione scegliendo una fase mobile e una fase stazionaria con polarità diverse. Quindi, i composti nel campione con polarità simile a quella della fase stazionaria (materiale di impaccamento della colonna) si muoveranno più lentamente perché maggiormente attratti dalle particelle. I composti la cui polarità è simile a quella della fase mobile saranno maggiormente attratti da essa e si muoveranno più velocemente.
In questo modo, in base alle differenze a livello di attrazione relativa di ciascun composto per ciascuna fase, viene creata una separazione modificando le velocità degli analiti.
Le Figure R-1, R-2 e R-3 mostrano i tipici intervalli di polarità cromatografica rispettivamente per le fasi mobili, le fasi stazionarie e gli analiti dei campioni. Esaminiamole una per volta per capire il modo in cui un esperto di cromatografia sceglie le fasi appropriate per sviluppare la “competizione” a livello di attrazione necessaria per ottenere una separazione HPLC basata sulla polarità.
Una scala, come quella mostrata nella Figura R-1, su cui sono classificati alcuni solventi comuni in ordine di polarità cromatografica relativa è detta serie eluotropica. Le molecole della fase mobile che competono in maniera efficace con le molecole dell’analita per i siti di attrazione della fase stazionaria spostano questi analiti, facendoli muovere più velocemente attraverso la colonna (ritenzione debole). L’acqua si trova all’estremità polare della scala del solvente della fase mobile, mentre l’esano, un idrocarburo alifatico, si trova all’estremità non polare. Nel mezzo, è possibile collocare sia i singoli solventi che le miscele di solventi miscibili (miscelati in proporzioni adeguate a soddisfare i requisiti di separazione specifici) in ordine di forza di eluizione. L’estremità della scala che rappresenta la fase mobile “più forte” dipende dalla natura della superficie della fase stazionaria in cui si verifica la competizione tra le molecole dell’analita.
La silice ha una superficie attiva idrofila (amante dell’acqua) contenente gruppi funzionali silanolo (analogo dell’alcool contenente silicio). Di conseguenza, è collocata all’estremità polare della scala delle fasi stazionarie mostrata nella Figura R-2. L’attività o polarità della superficie della silice può essere modificata in modo selettivo legando chimicamente ad essa gruppi funzionali meno polari (fase legata). Gli esempi mostrati includono, in ordine di polarità decrescente, le frazioni di cianopropil (CN), n-ottil (C8) e n-ottadecil (C18, ODS) sulla silice. L’ultimo è un impaccamento idrofobico (nemico dell’acqua) altamente apolare.
La Figura R-3 ripropone lo spettro di polarità cromatografica del nostro campione (mostrato nella Figura P). Dopo aver considerato la polarità di entrambe le fasi, per una data fase stazionaria, un esperto di cromatografia deve scegliere una fase mobile in cui vengono trattenuti gli analiti di interesse, ma non in misura tale da non poter essere eluiti. Tra solventi di forza simile, l’esperto di cromatografia considera quale combinazione di fase può sfruttare al meglio le differenze più sottili in termini di polarità e solubilità degli analiti al fine di massimizzare la selettività del sistema cromatografico. I simili si attraggono; tuttavia, come probabilmente si può intuire dalla discussione fatta finora, la creazione di una separazione basata sulla polarità presuppone la conoscenza del campione e l’esperienza con vari tipi di analiti e modalità di ritenzione. Per riassumere, l’esperto di cromatografia sceglierà la combinazione di fase mobile e fase stazionaria di particelle con polarità opposte migliore. Quindi, mentre gli analiti del campione si spostano lungo la colonna, la regola secondo cui i simili si attraggono determinerà quali analiti rallenteranno e quali procederanno a una velocità maggiore.
Nelle separazioni di estratti vegetali, Tswett riuscì a utilizzare una fase stazionaria polare (polvere di gesso in una colonna di vetro; vedere la Figura A) con una fase mobile (non polare) molto meno polare. Questa modalità classica di cromatografia è conosciuta come “cromatografia in fase normale”.
La Figura S-1 illustra una separazione cromatografica in fase normale della nostra miscela test di tre coloranti. La fase stazionaria è polare e trattiene maggiormente il colorante giallo polare. Il colorante blu relativamente non polare viene battuto nella competizione relativa alla ritenzione dalla fase mobile, un solvente non polare, ed eluisce rapidamente. Poiché il colorante blu è molto simile alla fase mobile (entrambi non sono polari), si muove più velocemente. Normalmente, nella cromatografia in fase normale eseguita con silice, la fase mobile è organica al 100% e non viene utilizzata acqua.
Il termine fase inversa descrive la modalità di separazione cromatografica opposta a quella in fase normale, che prevede l’uso di una fase mobile polare e di una fase stazionaria (idrofobica) non polare. La Figura S-2 illustra la separazione della miscela di tre coloranti neri utilizzando tale protocollo.
Il composto che presenta una capacità di ritenzione maggiore è il colorante blu non polare, poiché la sua attrazione nei confronti della fase stazionaria non polare è massima. Il colorante giallo polare, avente una bassa capacità di ritenzione, viene battuto dalla fase mobile acquosa polare, si muove più velocemente lungo il letto cromatografico ed eluisce per primo.
Attualmente, grazie alla maggiore riproducibilità ed estesa applicabilità, la cromatografia in fase inversa viene utilizzata per circa il 75% di tutti i metodi HPLC. La maggior parte di questi protocolli utilizza come fase mobile una miscela acquosa composta da acqua e da un solvente organico polare miscibile, per esempio acetonitrile o metanolo. Normalmente ciò garantisce la corretta interazione degli analiti con la superficie non polare e idrofobica delle particelle. Il tipo più comune di impaccamento per HPLC a fase inversa è la fase stazionaria in silice legata a C18 (talvolta indicata con ODS).
La Tabella C illustra un riepilogo delle caratteristiche delle fasi per le due principali modalità di separazione HPLC basate sulla polarità. È importante ricordare che, in queste modalità basate sulla polarità, i simili si attraggono.
La HILIC può essere considerata una variante della cromatografia in fase normale. Nella cromatografia in fase normale la fase mobile è organica al 100%. Nella fase mobile e nei pori delle particelle di impaccamento polari sono presenti solo tracce di acqua. Gli analiti polari si legano fortemente alla fase stazionaria polare e potrebbero non eluire.
L’aggiunta di acqua (<20%) alla fase mobile organica (in genere un solvente aprotico come l’acetonitrile) permette di separare ed eluire i composti polari che presentano un’alta capacità di ritenzione in fase normale (o una bassa capacità di ritenzione in fase inversa). L’acqua, un solvente altamente polare, compete in maniera efficace con gli analiti polari per la fase stazionaria. L’HILIC può essere eseguita in modalità di eluizione isocratica o a gradiente. I composti polari inizialmente attratti dalle particelle del materiale di impaccamento polari possono essere eluiti all’aumentare della polarità (forza) della fase mobile (aggiungendo acqua). Gli analiti vengono eluiti in ordine di idrofilia crescente (polarità cromatografica rispetto all’acqua). È possibile aggiungere tamponi o sali alla fase mobile per mantenere gli analiti ionizzabili in un’unica forma.
Il termine HIC fa riferimento a un tipo di cromatografia in fase inversa utilizzata per separare biomolecole di grandi dimensioni, come le proteine. In genere è preferibile mantenere intatte queste molecole in una soluzione acquosa, evitando il contatto con solventi organici o superfici che potrebbero denaturarle. L’HIC sfrutta l’interazione idrofobica di molecole di grandi dimensioni con una fase stazionaria moderatamente idrofobica, per esempio silice legata con butile (C4), anziché con octadecile (C18). Inizialmente, concentrazioni maggiori di sali nell’acqua favoriranno la ritenzione delle proteine (salting out) sull’impaccamento. Le eluizioni a gradiente vengono in genere eseguite diminuendo la concentrazione salina. In questo modo, le biomolecole vengono eluite in ordine crescente di idrofobicità.
Nelle separazioni basate sulla polarità, i simili si attraggono e gli opposti potrebbero respingersi. Nella cromatografia a scambio ionico e in altre separazioni basate sulla carica elettrica, la regola è inversa. I simili potrebbero respingersi, mentre gli opposti sono attratti l’uno dall’altro. Le fasi stazionarie per le separazioni a scambio ionico sono caratterizzate dalla natura e dall’intensità delle funzioni acide o basiche sulle rispettive superfici e dai tipi di ioni che attraggono e trattengono. Lo scambio cationico viene utilizzato per trattenere e separare ioni con carica positiva su una superficie con carica negativa. Al contrario, lo scambio anionico viene utilizzato per trattenere e separare ioni con carica negativa su una superficie positiva (vedere la Figura T). Per ogni tipo di scambio ionico esistono almeno due approcci generali a livello di separazione ed eluizione.
Gli scambiatori ionici forti contengono gruppi funzionali (ad esempio, ammine quaternarie o acidi solfonici) che sono sempre ionizzati. Sono in genere utilizzati per trattenere e separare gli ioni deboli. Questi ultimi possono essere eluiti per spostamento con una fase mobile contenente ioni che sono maggiormente attratti dai siti della fase stazionaria. In alternativa, gli ioni deboli possono essere trattenuti sulla colonna, quindi neutralizzati modificando in situ il pH della fase mobile e provocando la loro perdita di attrazione ed eluizione.
Gli scambiatori ionici deboli (ad esempio con funzioni amminiche secondarie o carbossiliche) possono essere neutralizzati al di sopra o al di sotto di un determinato valore di pH e perdere la capacità di trattenere gli ioni in base alla carica. Una volta caricati, vengono utilizzati per trattenere e separare gli ioni forti. Se questi ioni non possono essere eluiti per spostamento, è possibile neutralizzare i siti di scambio della fase stazionaria, arrestando l’attrazione ionica e consentendo l’eluizione degli analiti carichi.
Quando gli scambiatori ionici deboli vengono neutralizzati, possono trattenere e separare le specie tramite interazioni idrofobiche (in fase inversa) o idrofile (in fase normale); in questi casi, l’intensità di eluizione è determinata dalla polarità della fase mobile (Figura R-1). Pertanto, è possibile utilizzare scambiatori ionici deboli per le separazioni in modalità mista (separazioni basate sia sulla polarità che sulla carica).
La Tabella D illustra le linee guida per le principali categorie di scambio ionico. Per esempio, per trattenere un analita altamente basico (sempre con carica positiva), utilizzare una particella in fase stazionaria a scambio cationico debole con pH >7; questo assicura una superficie delle particelle con carica negativa. Per rilasciare o eluire la base forte, abbassare il pH della fase mobile al di sotto di 3; in questo modo si rimuove la carica superficiale e si disattiva il meccanismo di ritenzione a scambio ionico.
Si noti che il pKa è il valore di pH in corrispondenza del quale il 50% del gruppo funzionale risulta ionizzato e il 50% risulta neutro. Per garantire una superficie dell’analita o delle particelle essenzialmente neutra, o completamente carica, il pH deve essere regolato a un valore di almeno 2 unità oltre il pKa, come opportuno (fare riferimento alla Tabella D).
Non utilizzare uno scambiatore cationico forte per trattenere una base forte; entrambi rimangono carichi e fortemente attratti l’uno dall’altro, rendendo quasi impossibile l’eluizione della base. Questa può essere rimossa solo inondando lo scambiatore cationico forte con una base alternativa che presenti una capacità di ritenzione ancora maggiore e sposti il composto di interesse vincendo la competizione per i siti di scambio ionico attivi. Questo approccio è raramente pratico o sicuro nell’ambito della HPLC e della SPE. [È pericoloso lavorare con acidi e basi molto forti che possono, inoltre, essere corrosivi per i materiali di costruzione utilizzati nei sistemi HPLC!]
Negli anni ’50 Porath e Flodin scoprirono che le biomolecole potevano essere separate in base alle loro dimensioni, anziché alla loro carica o polarità, facendole passare o filtrandole attraverso un polimero di destrano idrofilo a porosità controllata. Questo processo è stato denominato gel-filtrazione. In seguito, è stato utilizzato uno schema analogo per separare oligomeri e polimeri sintetici utilizzando impaccamenti di polimeri organici con intervalli di dimensioni dei pori specifici. Questo processo è stato denominato cromatografia a permeazione di gel (GPC). Separazioni simili eseguite utilizzando impaccamenti in silice a porosità controllata sono state denominate cromatografia ad esclusione dimensionale (SEC). Introdotti nel 1963, i primi strumenti HPLC commerciali furono progettati per applicazioni nell’ambito della GPC (vedere il riferimento 3).
Tutte queste tecniche sono in genere eseguite su fasi stazionarie che sono state sintetizzate e che presentano dimensioni dei pori comprese in un intervallo che consente agli analiti di interesse di entrare o di essere esclusi nel volume dei pori dell’impaccamento. Le molecole più piccole penetrano in misura maggiore nei pori durante il passaggio attraverso il letto cromatografico. Le molecole più grandi possono penetrare nei pori solo al di sopra di una certa dimensione, quindi trascorrono meno tempo nel letto cromatografico. Le molecole più grandi possono essere escluse completamente dai pori e passare solo tra le particelle, eluendo molto rapidamente in un volume ridotto. Le fasi mobili sono scelte per due ragioni: in primo luogo, sono buoni solventi per gli analiti; in secondo luogo, possono impedire qualsiasi interazione (basata sulla polarità o sulla carica) tra gli analiti e la superficie della fase stazionaria. In questo modo, le molecole più grandi eluiscono per prime, mentre le molecole più piccole si muovono più lentamente (perché entrano ed escono da un maggior numero di pori) ed eluiscono in seguito, in ordine decrescente di dimensioni, nella soluzione. Da qui la semplice regola: il più grande esce per primo.
Poiché è possibile correlare il peso molecolare di un polimero con le sue dimensioni nella soluzione, la GPC ha rivoluzionato la misurazione della distribuzione del peso molecolare dei polimeri che, a sua volta, determina le caratteristiche fisiche che possono migliorare o ridurre la lavorazione, la qualità e le prestazioni dei polimeri (come distinguere un buon polimero da un polimero scadente).